III. L'INDAGINE

L'idea di partenza era quella di verificare fino a che punto la presenza di due istituti superiori e di un centro di Formazione professionale a Bondeno potesse avere qualche rispondenza col locale mercato del lavoro (anche in vista di interventi di modifica dell'esistente, sia sul piano formativo, sia sul piano occupazionale); il discorso si è poi allargato, estendendo l'indagine anche ai residenti a Bondeno frequentanti altre scuole del territorio.

I dati che interessavano, trattandosi del rapporto tra scuola superiore e lavoro, erano quelli dei diplomati e, per gli istituti professionali, dei qualificati (dopo tre anni di scuola superiore); per abbracciare un periodo abbastanza ampio, che permettesse di tenere conto delle modificazioni intervenute a livello economico si è deciso di iniziare le rilevazione coi diplomati del 1975 e, saltando di tre anni in tre anni, arrivare fino al 1990.

Sono così stati richiesti i nominativi dei diplomati alle rispettive scuole e ci si è trovati ad avere un campione più che rispettabile di 627 persone (vedi tabella III.1).

Qualche ulteriore spiegazione alla tabella è d'obbligo: le richieste alle scuole sono state inoltrate a tutti gli istituti di Ferrara, Cento, Castelmassa, Finale Emilia, di questi l'Istituto Tecnico Commerciale "V.Monti" di Ferrara non è stato in grado di risalire oltre il 1980; l'ITIP oltre il 1987; il Liceo Linguistico "Canonici Mattei" non ha fornito alcun dato; l'istituto alberghiero di Ferrara e quello per Periti Aziendali sono di recente istituzione (per questo mancano gli anni precedenti); gli studenti dell'istituto d'arte di Castelmassa sono stati accorpati a quelli del "Dosso Dossi" di Ferrara; quelli dell' istituto agrario di Finale Emilia a quelli del "Navarra di Ferrara";quelli dell'IPSIA di Ferrara a quelli dell'IPSIA di Cento ((1)); infine tutti gli altri istituti interpellati (a parte un caso nell'istituto magistrale di Cento) non avevano alunni diplomati, provenienti da Bondeno, negli anni considerati.

Analizzando i totali, in valore assoluto e in percentuale, si può

avere quindi una conferma di quanto già apparso, con altri dati, nel primo capitolo: cioè un pendolarismo quasi esclusivamente verso Ferrara e una attrazione importante da parte di Finale Emilia (43 allievi al Tecnico Agrario e 7 al Liceo scientifico sperimentale) , ma col 43% dei diplomati/qualificati espressi dalle sole due scuole del comune di Bondeno.

Ai fini di rilevare il tasso di "successo" scolastico si è voluto

anche confrontare il dato dei "maturi" con i licenziati della scuola media di Bondeno 5 anni prima, ottenendo la tabella III.2, che diamo a puro titolo di cronaca perché, se è vero che la quasi totalità degli studenti proviene dalla scuola media di Bondeno, è vero anche che la somma dei diplomati (dopo 5 anni) comprende anche i qualificati (dopo 3 anni); inoltre, come sopra ricordato, non tutte le scuole hanno fornito dati.



Una volta acquisiti i nominativi dei 627 studenti è stato necessario verificare, attraverso l'Ufficio Anagrafe del Comune ((2)) i relativi indirizzi per la spedizione del questionario (vedi Appendice I).

In alcuni casi di sottostima del campione è stato necessario ripetere la spedizione sollecitando l'invio delle risposte; arrivando così al numero complessivo di 145 questionari ritornati.

Come apparirà dall'analisi successiva, tale numero non permette di inferire risultati significativi per alcune categorie di risposte e/o soggetti, ma sufficiente per gli obiettivi generali che la ricerca si poneva ((3)).

Volendo fare una proporzione tra gli invii e le risposte (tab.III.1 a piè di pagina e grafico III.1) si può vedere come i più solleciti siano stati i periti aziendali e i diplomati dell'"Einaudi" di Ferrara (quasi a controbilanciare il dato negativo della sede di Bondeno).

La spiegazione di una certa "resistenza" nella risposta non è univoca:

-può essere dovuta allo strumento (il questionario) ormai inflazionato;

-alla sua lunghezza (compilarlo richiedeva circa mezz'ora);

-ad un certo scetticismo sull'utilità pratica di iniziative del genere;

-a timori che i dati potessero essere utilizzati a fini fiscali (pur essendo i questionari rigorosamente anonimi);

-ad una crescente "divaricazione" tra il cittadino e l'istituzione ecc. ecc.

Prima di passare ad analizzare più in dettaglio alcuni aspetti emersi dalle risposte dei questionari, può essere utile dare alcune informazioni generali sul campione:

anzitutto gli occupati (con lavoro stabile) sono 85; dei 60 disoccupati, 24 hanno o hanno avuto un lavoro temporaneo;

- gli occupati sono 38 maschi e 47 femmine, 35 di essi hanno frequentato l'università;

- i disoccupati sono 24 maschi e 36 femmine, ma qui gli universitari sono 45 ( a testimonianza del fatto che in realtà non hanno ancora completato gli studi);

una conferma viene dall'anno di diploma: mentre tra gli occupati 47 si sono diplomati nel '75-'78,'81 e 38 nell'84-'87-'90, tra i disoccupati solo 10 sono del primo periodo considerato e ben 50 sono diplomati recenti ((4)).

Sembrerebbe quindi, da questi primi dati, che trovare un lavoro non sia impossibile (dove, come e quale lo vedremo in seguito), ma in quanto tempo?



Il questionario indicava , come del resto le ricerche riportate al cap.II testimoniano, una "finestra" di 24 mesi massimo per trovarlo; in realtà (pur avendo io aumentato questo limite a 36) tale previsione si è rivelata ottimistica: nella tabella III.3 vediamo la media dei mesi di attesa prima del lavoro stabile, a seconda del tipo di scuola.



Come si vede ci sono casi ben superiori, anche se è logico aspettarsi tempi lunghi per chi, diplomato di un liceo scientifico o altra scuola quinquennale, poi faccia l'università, meno auspicabile è nel caso proprio della qualifica triennale di segretaria d'azienda (quasi 4 anni di attesa).

A complemento di questa vediamo la tab.III.4 che elenca la situazione occupazionale del campione esaminato; ovviamente i casi esaminati sono troppo pochi per poterne trarre indicazioni sull'opportunità o meno di fare un certo tipo di scuola ((5)).

Se poi disaggreghiamo i dati per sesso, vediamo che il tempo di attesa medio dei maschi è, mediamente di 25 mesi contro i 42 delle femmine (ad ulteriore conferma il rapporto occupati/disoccupati è , per i maschi, lievemente superiore a quello delle femmine: il 61% contro il 56%).



Altro dato importante per saggiare le capacità occupazionali del territorio è quello del luogo di lavoro: degli 82 che lo indicano, 37 lavorano (e risiedono) nel comune di residenza;

26 in altro comune della provincia di Ferrara (compresa);

9 in province limitrofe (MN MO BO RO);

7 in altre province della regione Emilia-Romagna;

2 in altre regioni;

1 all'estero.

Ciò nonostante la maggioranza (70) continua ancora a risiedere a Bondeno; 8 a Ferrara o provincia; 6 in province limitrofe; 1 in altre regioni.

Un dato questo confermato anche dalla residenza anagrafica del più vasto campione di 627 diplomati: ben 549 sono rimasti nel territorio del comune di Bondeno.



III.A Le scelte scolastico-occupazionali

La prima indicazione in proposito alle ragioni della scelta della scuola superiore la ricaviamo dalle risposte al quesito 2.6:

61 indicano "l'interesse e propensione per questo tipo di studi";

44 "perché ritenevo che con questo diploma avrei avuto buone possibilità di impiego".

Abbiamo cioè al primo posto una scelta di tipo "vocazionale" al secondo di tipo "pragmatico" (va detto però che si poteva fornire più di una risposta.

Le 8 risposte indicanti la necessità di lavorare subito (2.6.9) e le 14 per ottenere un diploma dopo il terzo anno (2.6.10) si possono aggregare sotto il segno dell' "urgenza"; mentre le 35 alla 2.6.7 sono meno pressate dalla necessità e più aperte a sbocchi a lungo termine.

Decisamente in questo senso sono i 21 che decidono che la scuola superiore sarà solo la base per gli studi universitari (scontato è il fatto che 20 sono liceali; così come tra i 44 che ritenevano utile il titolo per l'impiego pochi sono i liceali).

Poi ci sono quelli che seguono i consigli dei genitori o amici (22), degli insegnanti della scuola media inferiore (18) o lo stesso tipo di studi di parenti e amici (8).

Come si vede un quadro abbastanza prevedibile, in cui il dato più eclatante è l'assoluta mancanza di scelte "per il prestigio di cui gode l'istituto" !

E' questo un dato che induce a riflettere, non tanto per i contenuti dell'insegnamento, perché, come vedremo, gli allievi non sono insoddisfatti della loro preparazione; quanto per la assoluta mancanza di attività tese, non all'immagine pubblicitaria, ma alla valorizzazione della scuola attraverso iniziative che ne accrescano il prestigio.

Se si considera che da alcuni anni si fa un gran parlare di presidi "manager" , di autonomia (soprattutto finanziaria) delle scuole, di libero mercato, non si vede come da tali premesse possa scaturire un qualsiasi confronto utile ad orientare i potenziali fruitori.

Confrontando questi dati con quelli analoghi del CDS ((6)) vediamo come la graduatoria sia più o meno la stessa (si registra solo un'inversione tra il numero delle risposte date alla 7 e alla 3, nel senso di un atteggiamento maggiormente "cautelativo" del campione bondenese); significativa la stessa mancanza di entusiasmi per il "prestigio della scuola".



Un'altra ricerca dell'81-82, a cura dei distretti di Cento e Ferrara ((7)) conferma tale tendenza e introduce in più il dato dell'interesse alle prospettive lavoro , che è più presente, nell'ordine, tra i geometri, i tecnici commerciali, ITIS/ITIP, magistrali, licei.

Una postilla alla risposta 2.6.3 (su consiglio di genitori ed amici) è costituito dalle risposte alla domanda seguente: "Qual'è stato l'atteggiamento della tua famiglia al momento di iscriverti?".

A Bondeno 88 rispondono molto favorevole, 41 abbastanza favorevole, 6 indifferente, 3 contrari (due al tipo di scuola, una al continuare gli studi); i dati ferraresi confermano sostanzialmente questa tendenza "non conflittuale".

Questo dato conferma anche la rivalutazione della famiglia dopo "l'ideologia" dell'esodo o comunque una maggior ricerca di autonomia propria degli anni '70: poco meno dell'80% dei giovani infatti sta bene in famiglia, o identificandosi nelle prospettive di fondo (21,6%) o coinvolta dal punto di vista affettivo, nonostante le dichiarate differenze di opinione (57%).((8))





Importante è anche il giudizio sulla scuola che si ricava dalle risposte alla domanda 2.9, che richiedeva distinte valutazioni dal punto di vista tecnico-professionale, della cultura generale, dal punto di vista della formazione del carattere e della personalità; la sintesi è espressa dalla tabella III.5 distinta per tipo di scuola.

Come era ovvio aspettarsi, dal punto di vista della professionalità risultano privilegiati dal più alto punteggio gli istituti tecnico- professionali rispetto ai licei; il rapporto si inverte per quanto riguarda la formazione del carattere e della personalità; minori le differenze, pur continuando a primeggiare i licei per quanto riguarda la cultura generale.

Sommando i tre valori, come si può vedere dal grafico III.2, tutti gli istituti sono più o meno compresi nella fascia dell' "abbastanza utile" ; risulta inferiore alle aspettative l'istituto per periti aziendali e le due scuole di Bondeno si situano l'una poco sopra il 9 (il liceo), l'altra poco sopra l'8 (l'istituto professionale); la buona prestazione dell'alberghiero non è suffragata da un adeguato numero di allievi (solo 1).

Per completare il quadro, è stato chiesto (9.5) a quanti si sono iscritti all'università se l'istituto superiore aveva loro fornito una preparazione adeguata ai fini del proseguimento degli studi: degli 80 studenti che si sono iscritti all'università , hanno risposto in 68; attribuendo il punteggio 5 a chi aveva espresso il grado massimo di soddisfazione e via decrescendo fino a 1, abbiamo ottenuto la tabella III.6 , che riporta anche la percentuale di universitari sul campione.

Partendo proprio da quest'ultimo dato, possiamo verificare come, dai licei, lo sbocco per l'università sia pressoché unanime; elevato anche per le magistrali (anche in vista della riforma che prevede l'obbligatorietà della laurea per esercitare la professione); sia invece piuttosto bassa oltre che per gli istituti professionali, che rilasciano una qualifica triennale, anche per gli istituti tecnici.

Quanto alle motivazioni, anche in questo caso la scelta "vocazionale": per interesse e/o propensione vero questo tipo di studi, rimane la più seguita; diminuiscono fortemente, rispetto alle motivazioni per la scelta della scuola superiore, le scelte "eterodirette" da genitori, parenti, insegnanti(risposte 8.9.10): 4 in tutto; emerge con chiarezza la prospettiva del lavoro (per avere prospettive di lavoro migliori rispetto a quelle di un diplomato, scelta 2) che trova 13 consensi, collocandosi al secondo posto.

Vengono poi le scelte "integrative" (risposte 3,4,5,6) rispettivamente con 9,2,0,10 consensi; le scelte "residuali" (1 e 11) con 4 e 1 consenso.

Tornando al grado di soddisfazione per la preparazione scolastica fornita dalla scuola superiore ai fini dello studio universitario,, lo possiamo vedere meglio nel grafico III.3, dove spiccano (facendo sempre salve le avvertenze sul piccolo numero del campione) i licei, l'ITC, i geometri e l'ITIP.



Confrontando questi dati con quelli del grafico precedente, vediamo come, tutto sommato, la preparazione scolastica risulti soddisfacente nella valutazione degli studenti (lo conferma anche l'inchiesta di Cavalli-De Lillo: p.25, in cui l'82,6 del campione di 2000 soggetti scelti sull'intero territorio nazionale, si dichiarava molto o abbastanza soddisfatta).

Rimane da vedere (lo faremo più oltre) se e fino a che punto la scuola si sia rivelata utile anche ai fini lavorativi.

Corsi di specializzazione

Per completare il panorama formativo, prendiamo in esame quei diplomati che hanno seguito corsi di specializzazione: 59 nel nostro campione, dei quali 19 su materie specifiche del proprio corso di studi; 14 su altri argomenti (di solito corsi professionali per infermieri e affini); 11 corsi di lingue; 23 corsi di informatica (il totale supera 59 perché c'è chi ha seguito più di un corso).

La maggioranza di chi li ha frequentati è costituita di non liceali (44 contro 15); non c'è invece antitesi con l'università: 29 hanno frequentato sia corsi sia l'università contro 30 iscritti solo ai corsi.

La soddisfazione qui è così distribuita: 12 pensano che l'aver frequentato corsi abbia contribuito molto ad una loro migliore qualificazione professionale; 27 abbastanza; 14 poco; 6 per niente.

Per cercare di avere un' idea di quale tipo di corsi abbia incontrato il maggior favore, abbiamo ulteriormente analizzato il campione che si è dichiarato maggiormente soddisfatto: non ci sono differenze sensibili tra maschi e femmine; né sulla data di diploma; né sul tipo di scuola frequentata e sul voto finale di maturità; neppure il tipo di corso (anche se quelli di lingue sono quelli decisamente più insoddisfacenti): la discriminante sembra essere data unicamente dal fatto che siano serviti a trovare il lavoro (11 casi su 12).

Alcune conferme indirette vengono dagli stessi intervistati analizzando i canali esperiti per trovare lavoro, il che porta a considerare meglio il ruolo dei Centri di Formazione Professionale come "ricercatori e collocatori" di lavoro.((9)).



Le "scelte" occupazionali

In molti casi , come vedremo oltre, la scelta è stata ristretta ad una sola offerta; in ogni caso qui ci interessa rilevare alcune caratteristiche del lavoro degli 85 occupati.

Il primo dato che analizziamo è il confronto tra le posizioni professionali della famiglia d'origine (padre e madre) e quelle assunte dal diplomato, ipotizzando (vista la maggiore scolarizzazione del figlio) un cambiamento nella qualità del lavoro.



Nel grafico III.4 è evidenziata, in valori assoluti, la posizione lavorativa dei genitori distinta per sesso (ai fini di un analogo confronto con quella dei figli): i risultati sono abbastanza prevedibili e si inseriscono in una dinamica occupazionale di tipo "tradizionale"; il confronto col Graf.III.5 testimonia un profondo mutamento generazionale nella qualità del lavoro.

Infatti, accanto alla prevedibile sparizione dell'occupazione prioritaria di casalinga, si può notare una maggiore uguaglianza tra i sessi (i valori stavolta sono espressi in percentuale, perché il campione delle femmine occupate è più numeroso di quello dei maschi) con una professione ancora di esclusiva maschile( operaio comune), ed una a larga maggioranza femminile (impiegato pubblico).

In termini quantitativi, dalla tabella III.7, vediamo una lieve crescita dei liberi professionisti, una forte diminuzione del lavoro autonomo (artigiano, commerciante, pubblico esercente); un dimezzamento dei coltivatori diretti, affittuari o mezzadri, ma soprattutto una forte crescita del lavoro dipendente sia impiegatizio (34 casi), sia operaio (16 casi).

Analizzando in particolare il campione degli impiegati (c.a. 40% del totale secondo il graf.III.6 a torta ), esso non conosce distinzioni di scuola o di sesso o di epoche di uscita: sembra interessare tutti ed essere stato tenacemente atteso e perseguito anche ben oltre tre anni.



Se poi guardiamo al settore di impiego (tab.III.8), possiamo notare una maggior dispersione dei diplomati che vede coperti anche settori come sanità e studi professionali, indice delle tendenze in atto nel cambiamento della struttura del lavoro, che continua però a tenere ben saldi i settori "tradizionali" quali industria, agricoltura e commercio (graf.III.7).

Se poi vogliamo verificare fino a che punto si sia verificata una certa "ereditarietà" tra il lavoro dei genitori e quello del figlio/a troviamo 18 casi: 6 nell'agricoltura; 9 nell'industria; 2 nel commercio; 1 nello Stato.

Importante ai fini di una programmazione economica del territorio è anche vedere dove il lavoro è stato cercato/trovato: già abbiamo verificato come la quasi totalità non abbia comunque lasciato Bondeno, pur lavorando altrove, qui possiamo verificare dalla tab. III.9 come, degli 85 occupati, 28 lavorino e risiedano a Bondeno; 42 lavorino fuori Bondeno, ma continuano a risiedervi e solo 15 si sono trasferiti.

Se poi cerchiamo di capire, analizzando il grafico III.8, ricavato dalla stessa tabella, di quali settori sia carente il comune di Bondeno, vediamo come in realtà non sia tanto un problema qualitativo ( è evidente che settori come Stato, sanità, trasporti siano più presenti su base provinciale), ma quantitativo: infatti anche per settori di"base" come agricoltura, industria e commercio una buona quota di diplomati ha trovato lavoro fuori dal Comune.



III.B I PERCORSI SCUOLA-LAVORO



I primi contatti col lavoro molti studenti li hanno già durante il periodo scolastico: sono 67 su 145 quelli che dichiarano di aver avuto esperienze lavorative per lo più (60) durante le vacanze estive/invernali.

Di questi 44 sono maschi e per 45 su 67 il lavoro svolto non aveva nessuna attinenza col tipo di studi; per 7 la preparazione generale acquisita a scuola li ha agevolati; per 15 il lavoro era in qualche modo "vicino" all'esperienza acquisita a scuola.((10))

Più in dettaglio le scuole indicate come più professionalizzanti sono state: l'istituto tecnico per Geometri (2 casi); l'istituto tecnico Agrario (4 casi); l'ITIS (2 casi); l'alberghiero; l'IPSIA (4 casi) l'istituto professionale per il commercio quinquennale (2 casi).



Il lavoro durante la scuola superiore ha , comunque, toccato quasi tutte le scuole:

Liceo Scientifico 18 casi

Liceo S. di Finale E. 4

ITC 3

Geometri 4

Agrario 7

Periti Aziendali 2

ITIS 5

ITIP 4

Alberghiero 1

IPSIA 8

IPC quinquennale 4

Magistrali 2

IPC triennale 5



La ricerca ferrarese (CDS: p.24) presenta dati analoghi, rileva solo come , dal 1979 al 1984, ci sia stata una contrazione delle opportunità occupazionali dovuta alla recessione del triennio 1981-1983.

Del tempo intercorso tra il diploma ed il lavoro, abbiamo riferito più sopra, in generale, scendendo nel dettaglio (tab.III.10) possiamo distinguere tra il primo lavoro occasionale e quello stabile: considerando le caratteristiche che in Italia ha il lavoro (mancanza di lavori part-time, apprendistato praticamente inesistente, un solo contratto di formazione lavoro nel campione, mancanza di mobilità nell'occupazione), in realtà il dato probante è il secondo.

Se, infatti è relativamente facile trovare un lavoro qualsiasi, non necessariamente adeguato al proprio curriculum scolastico (Cfr. anche i canali di ricerca), diventa abbastanza difficile, anche per i tempi tecnici (università, servizio militare, concorsi), arrivare in breve tempo ad un'occupazione stabile e non sgradita.

L'addensarsi dei valori per il tempo di ricerca di un lavoro stabile, nella parte destra del grafico III.9, ne è una conferma.

Tra i più "fortunati", quelli che avevano un lavoro stabile già pronto al momento del diploma (7 casi), troviamo quattro persone che hanno presumibilmente continuato il lavoro che già esercitavano durante gli studi; come anno prevale il 1978 (4 casi); come scuola l'Istituto tecnico agrario (in pratica lo sbocco è stato quello di fare il coltivatore diretto).

Una curiosità è stata quella di verificare se un buon voto alla maturità (oltre 55/60), può avere abbreviato i tempi di attesa: l'analisi non ha conclusioni univoche (anche perché molti di loro si sono iscritti all'università, tuttavia 6 su 27 dichiarano di avere trovato lavoro con molta difficoltà e dopo oltre tre anni dal diploma.

In compenso sono ben 53 (su 85) coloro che dichiarano di non avere avuto alcuna difficoltà a trovarlo e non sembra esserci alcun denominatore comune tra di loro: né il sesso, né la data di diploma, né il tipo di scuola frequentata, né il canale utilizzato, né il settore di lavoro; insomma il caso, o l'abbondanza dell'offerta (alcuni hanno potuto scegliere tra più di una) sembrano essere stati responsabili di questa situazione.

Una conferma la si ha dalle risposte alla domanda 5.1( "Qual'è la tua situazione attuale di lavoro ?"): di tutto il campione di 145 casi, sono solo 5 i disoccupati in cerca di primo impiego; 11 sono disoccupati, ma con precedenti esperienze lavorative.((11)

Si possono poi accorpare quelli che studiano soltanto e quelli che nel frattempo cercano lavoro, ottenendo 37 casi; 6 svolgono lavori occasionali e, come si è più volte detto, sono 85 quelli che lavorano in modo stabile e continuativo.

Di questi ultimi, 65 sono dipendenti; 10 autonomi; 8 lavorano nell'azienda familiare; 2 dichiarano altro.

Abbiamo accennato sopra alla scelta dei "canali" di accesso al lavoro; il questionario li distingueva in tre tipi: quelli praticati in genere, quelli che avevano avuto , comunque, un qualche successo nella ricerca di un lavoro e quello che aveva portato al lavoro attuale.

Come si vede dalla tabella III.11, ovviamente sono in numero decrescente, ma quello che ci interessa è la loro composizione.



Nel grafico III.10, vediamo come si distribuiscono quelli praticati: la maggioranza si è recata personalmente presso aziende o enti; seguono poi i contatti attraverso genitori, parenti, amici, conoscenti (19,2%); poi i concorsi (17%); gli uffici di collocamento (16,2%); le lettere ad aziende ed enti (15,3%); poi le inserzioni sui giornali; altre risposte e, ultima, la scuola.((12))

La "classifica" dei canali positivi non cambia di molto (graf.III.11): diminuisce ulteriormente l'importanza delle lettere e delle inserzioni; il quadro cambia con il graf.III.12, dei canali che hanno realmente avuto successo, facendo ottenere il lavoro attuale.

Come prevedibile qui le "conoscenze" (nel senso meno nobile del termine) sono quelle che contano; poi i concorsi (dove forse continuano a contare); i contatti personali; le lettere; la scuola (intesa però nel senso di corso professionale)(13); e, infine, l'ufficio di collocamento.(14)

Dopo aver descritto quali sono i canali concreti di accesso al lavoro, si può completare questa sezione citando, da altre ricerche, quali sono le convinzioni che i giovani hanno riguardo alle qualità necessarie per facilitare l'accesso al lavoro.

La prima tabella che riportiamo (tab.III.12) deriva da una ricerca commissionata dal comune di Forlì, condotta su un campione di circa 1300 giovani di 22, 27, 32 anni di età ((15)), che riporta, praticamente per ordine di importanza (dall'alto verso il basso) i requisiti ritenuti importanti: vengono privilegiate le doti personali, ma anche le raccomandazioni, sottostimata è la fortuna, che invece appariva in rilievo citando l'esperienza personale e, al penultimo posto, la riuscita scolastica.



III.C LE ASPETTATIVE NEI CONFRONTI DEL LAVORO

Vengono fornite dalla risposta alla domanda 4.10 (vedi tabella III.13) e le abbiamo divise per anno e sesso degli intervistati.

Per quanto riguarda l'anno, c'è una progressiva richiesta di prospettive di carriera e di autonomia decisionale nei diplomati dell'87 (gli anni dell'ideologia "yuppie") ; ma anche una decisa scelta di coerenza del lavoro con la formazione scolastica nel '90, richiesta questa fatta propria più dalle donne e dai liceali.

Un'altra scelta per lo più "femminile" è quella che il lavoro debba offrire garanzie di stabile occupazione; una scelta "maschile", invece è quella che il lavoro offra buone prospettive di carriera.

A questo proposito, la tab. III.14, che deriva da una ricerca del 1978 in ambito locale, ((16)) fornisce alcune indicazioni sulle qualità allora ritenute necessarie per fare carriera: come si vede l'atteggiamento di fondo è molto cinico e disincantato (prevalgono nettamente raccomandazioni e opportunismo); non si sa se scorgervi una critica a quei tempi o un presagio dei futuri.

Ad ogni modo, la classifica dei requisiti ambiti, vede nettamente preferita una buona retribuzione (vedi grafico III.13 ) segue la richiesta di una stabile occupazione, più o meno alla pari con l'autonomia decisionale, poi il tempo libero e la carriera e, decisamente minoritarie le altre.

Per curiosità abbiamo voluto verificare chi non ha optato per l'importanza di una buona retribuzione e la maggior presenza era tra i non occupati (evidentemente universitari, ancora abbastanza lontani da questi aspetti "pratici"), ma anche tra gli impiegati (pubblici e privati) che invece privilegiano la stabilità del posto.

Nell'indagine del CDS (CDS 1988: p.37) analoga è la scelta della retribuzione, ma da parte di solo un quarto del campione; le altre variabili sono tutte tra il 10 e il 13%, senza significative variazioni.

I giovani di Bondeno risultano più simili, per certi versi, a quelli della seconda indagine IARD (Cavalli-De Lillo,1988: p.80), che hanno privilegiato, con più alte percentuali reddito e stabilità del posto; particolarmente interessante, in questa ricerca, è avere intervistato, a 4 anni di distanza, le stesse persone per cogliere anche i mutamenti "intra-generazionali": i risultati sono espressi nel panel della tab.III.15 dove, presumibilmente a rapporto di lavoro avviato, retribuzione e autonomia decisionale aumentano di importanza.



Mancava invece nell'indagine bondenese-ferrarese "la possibilità di imparare cose nuove e di esprimere le proprie capacità", che si colloca al secondo posto per importanza; ma la possiamo verificare (tab. III.16) nell'indagine del 1978 ((17)) al terzo posto in ordine di importanza tra i liceali bondenesi e al secondo tra i frequentanti il liceo classico.

Venendo a tempi più recenti, anche a Forlì, le componenti "espressive" (rapporti umani sul lavoro, possibilità di sviluppare interessi e capacità, utilità sociale del lavoro) vengono privilegiate (vedi tab.III.17 ); viene però spontaneo chiedersi fino a che punto le dichiarazioni esplicite coincidano con le aspettative implicite.(18)

Per completare il quadro citiamo alcune definizioni sul lavoro raccolte tra gli studenti bondenesi in occasione del 1^ maggio '92, (in un numero speciale di Più a cura dei sindacati confederali): lavorare per i giovani di oggi significa raggiungere un progetto ancora lontano, qual'è la laurea, per poter diventare qualcuno (prestigio), avere un peso nella società (utilità sociale del lavoro?) essere ciò che ci eravamo prefissi di essere" (esprimere le proprie capacità).((19))

"Nella moderna società poi, direi che è indispensabile il lavoro per "sopravvivere"...tuttavia non bisogna lavorare solo per gli stipendi...noi, in qualità di cittadini, abbiamo il diritto ed il dovere di lavorare per il bene nostro e del nostro prossimo" (utilità sociale).((20))

"Il lavoro è concepito come realizzazione personale e contributo sociale"...(21)

"Il lavoro è importante per due funzioni: nobilita l'uomo e fa progredire lo Stato".(22)

"L'uomo lavora per dimostrare agli altri, e anche a se stesso, di essere capace e utile alla società"...(23)



III.D IL GRADO DI SODDISFAZIONE OCCUPAZIONALE



Lo si ricava dalle risposte della sezione 6, a partire dalla 6.13, incrociandole opportunamente tra di loro.

Il primo dato che prendiamo in considerazione è quello delle offerte ricevute al momento dell'assunzione: 40 hanno accettato l'unica occasione che si è presentata; 22 hanno scelto nell'ambito di alcune offerte; 10 hanno indicato altro.

Si presume che chi ha potuto scegliere sia ragionevolmente più soddisfatto: infatti, a parte qualche caso di insoddisfazione economica le risposte alla 6.18 sono positive; ma quali sono i settori e gli anni che hanno offerto più di una opportunità ?

Anche in questo caso non appare però nessun denominatore comune: settore di occupazione, anni e luoghi di lavoro sono i più vari; un dato si può comunque esprimere (fatte sempre presenti tutte le cautele del caso, essendo il campione molto piccolo): tra le scuole frequentate mancano l'ITC, i periti aziendali, l'ITIP, l'istituto professionale per il commercio di Ferrara, le magistrali.

Come si vede il settore "aziendale" non sembra avere posti in eccesso da offrire.

Alla domanda se "il lavoro svolto costituisce uno dei normali sbocchi occupazionali per i diplomati del tuo tipo ?", 37 rispondono sì; 40 no; 8 non rispondono.

Anche tra i tipi di scuola la proporzione rimane più o meno la stessa, quindi, almeno nella percezione degli intervistati, non c'è una correlazione precisa tra scuola e lavoro.

La conferma si ha con le risposte alla domanda seguente, dove 17 dichiarano un utilizzo nullo delle abilità apprese a scuola; 26 scarso; 24 discreto; 14 buono.

Le colpe non vanno però sempre attribuite alla scuola, perché, come si è visto con la domanda precedente, e , come conferma la seguente, per 32 ciò è dovuto al tipo di lavoro, che non costituisce il normale sbocco occupazionale; per 10 alla eccessiva specializzazione delle mansioni; per solo 10 alla generica preparazione professionale data dalla scuola.



Abbiamo voluto analizzare meglio quest'ultima affermazione , per vedere quali fossero le scuole "colpevoli", però solo in 8 casi la preparazione professionale fornita dalla scuola era stata definita "poco o per niente utile" (1 Liceo di Bondeno, 1 ITC, 2 tecnico agrario, 1 perito aziendale, 1 professionale per il commercio di Ferrara, 1 di Bondeno, 1 istituto magistrale); ciò nonostante il lavoro era definito molto soddisfacente dal punto di vista professionale in 3 casi; abbastanza soddisfacente in 2; poco soddisfacente in 2; per niente soddisfacente in 1.(24)

Per fortuna (della scuola e degli individui) maggiore è il numero (33) di coloro che risultano molto o abbastanza soddisfatti della professionalità acquisita a scuola e sono riusciti a utilizzarla sul lavoro di cui sono soddisfatti dal punto di vista professionale.

Il numero di professionalmente soddisfatti, in genere (indipendentemente dall'utilizzo delle nozioni apprese a scuola), del loro lavoro è anche più elevato: 24 lo sono molto; 44 abbastanza; 11 poco ; 4 per niente.

Dal punto di vista economico 11 lo sono molto; 55 abbastanza; 14 poco; 3 per niente.((25)

Altro dato, che dovrebbe influire sulla soddisfazione, è quello della coerenza tra titolo di studio e lavoro (domanda 6.17): 15 fanno un lavoro che non richiede alcun titolo di studio; 2 che richiede la licenza elementare; 3 la licenza di scuola media inferiore; 9 il diploma di scuola professionale; 35 il diploma di scuola superiore; 9 la laurea (che hanno conseguito in seguito).

Anche in questo caso abbiamo voluto analizzare più in dettaglio quelli che fanno un lavoro per cui è richiesto un titolo di studio inferiore a quello conseguito, trovandoli, come al solito, distribuiti tra diversi tipi di scuola, anno di diploma, ma con una certa prevalenza, stavolta, di coltivatori diretti e operai (senza che questo significhi necessariamente insoddisfazione per il lavoro svolto).((26)

Aprendo una parentesi, che il titolo di studio (a parte i concorsi pubblici) non sia un requisito fondamentale per le aziende, lo conferma la ricerca dell'85 ((27)) con i due grafici (III.14,15), che evidenziano come la assunzione e le prospettive di carriera siano svincolate dal titolo di studio.



Alla domanda 6.19, pertanto, 44 si dichiarano soddisfatti e non desiderano cambiare lavoro; 9 non rispondono; 32 vorrebbero cambiare lavoro, dei quali 7 perché insoddisfatti economicamente, 3 professionalmente, 9 per entrambi i motivi, 13 per altri motivi (situazione familiare, lontananza dal luogo di residenza ecc.).

La percentuale di scontenti è circa uguale a quella del campione ferrarese (35%); l'anno più ricorrente è il 1981 (dall'81 all'83 c'è stata una crisi occupazionale che può avere spinto questi diplomati ad impiegarsi in un lavoro anche sgradito); le scuole di provenienza relativamente più frequenti sono IPSIA (6) e IPC quinquennale (6) e i lavori "sgraditi" sono operaio, bracciante, commesso, lavoratore a domicilio e in genere quelli per cui è richiesto un titolo di studio inferiore (ci sono anche 6 impiegati privati).

Agli insoddisfatti è stato chiesto , nuovamente, quale tipo di lavoro preferirebbero (secondo lo schema della fig.III.1), ma, trattandosi in questo caso di lavoratori occupati che partono dall'esperienza di un lavoro "concreto", le loro scelte (pur continuando a prevalere l'aspetto retributivo) si distribuiscono in maniera maggiore rispetto a quelle "generiche" dell'intero campione ( domanda 4.10) .

In aggiunta a quanto appare dalla fig.1, si può solo aggiungere che le scelte 6, 7 e 8 risultano più frequenti nei non liceali, le altre scelte appaiono uniformemente distribuite.

Indipendentemente dalla volontà di cambiare lavoro, è stato chiesto se, con la professionalità acquisita, la ricerca di un nuovo lavoro sarebbe stata più o meno difficile (domanda 6.21): 32 hanno risposto di no; 20 hanno dichiarato che la specificità del loro lavoro non sarebbe stata richiesta altrove; 14 non avrebbero problemi (perché, al contrario, il loro lavoro è estremamente "aspecifico"); 7 avrebbero problemi per non avere acquisito (sul lavoro) sufficiente professionalità.

Anche in questo caso, abbiamo voluto vedere più in dettaglio chi ha dichiarato che non avrebbe problemi a cambiare lavoro, avendo acquisito una professionalità ricercata: l'elenco praticamente coincide con coloro che (vedi sopra) hanno acquisito a scuola la professionalità che continuano ad esercitare sul lavoro.

A questo punto abbiamo fatto una verifica guardando chi di loro aveva potuto scegliere tra più di una offerta, individuando 11 casi; isolando ulteriormente quelli che dichiarano di svolgere un lavoro soddisfacente sotto tutti i punti di vista, sono uscite le seguenti figure professionali: laureato, proveniente dal liceo di Bondeno, occupato nell'industria con grado dirigenziale con sede di lavoro anche all'estero; diplomato all'IPSIA, impiegato nell'industria in altra provincia della regione; qualificata presso l'istituto professionale di Bondeno, corso professionale da infermiere, attività che esercita in altro comune della provincia dove risiede.

1. A proposito di quest'ultimo, con 7 qualificati, costituisce il caso più rilevante di pendolarismo Bondeno-Cento; dovuto alla specificità degli indirizzi (operatore meccanico-termico e grafico pubblicitario) non presenti all'IPSIA di Ferrara

2. Si coglie l'occasione per ringraziare il personale dell'Ufficio suddetto, per la disponibilità dimostrata

3. in ogni caso si è sempre cercata una verifica con analoghe ricerche, svolte in anni precedenti in area ferrarese

4. Dei 10 disoccupati di più antica data, va detto però che 7 hanno cercato e trovato un lavoro temporaneo, 3 (tutti iscritti all'università) non hanno indicato di averlo cercato

5. Del resto, come già ricordato in altra parte e come le stesse risposte sottolineano, quello dello sbocco lavorativo è solo uno dei tanti elementi che si possono prendere in considerazione nella scelta di una scuola

6. Come sopra anticipato, per dare un maggior peso e profondità ai dati della presente ricerca, li confronteremo con gli omologhi o analoghi di ricerche precedenti: la prima di esse è quella di Enrico Bacilieri, edita dal CDS di Ferrara che prende in esame un campione di circa 300 diplomati per anno, in Ferrara e provincia, relativamente agli aa.ss. 1978/79, 1982/83, 1983/84, pubblicata su Dibattiti.Studi e discussioni sulla società ferrarese, marzo 1988. Cogliamo, inoltre, l'occasione per ringraziare l'autore dell'autorizzazione a utilizzare il modello di questionario là adottato.

7. Distretti scolastici 34 e 35, Mercato del lavoro e scuola nel ferrarese,CDS Ferrara, 1985 (a cura di Maurizio Zenezini, Enrico Bacilieri, Carla Borciani)

8. Garelli Franco, La generazione della vita quotidiana, Il Mulino 1984, p.130

9. Su questo argomento molto interessante è il lavoro di BONORA C.-FRACCAROLI F.-GHIOTTO G., Il vissuto difficile della transizione.Indagine sulla formazione professionale e sul mercato del lavoro nell'alto ferrarese, Quaderni IAL Emilia Romagna, marzo 1990

10. Può essere interessante sottolineare come questi studenti, che hanno trovato un lavoro occasionale "vicino" alla professionalità fornita dalla scuola, risultino pressoché tutti occupati (13 su 15; dei restanti, uno lo è stato e l'altro frequenta l'università), il che sembrerebbe indicare una certa continuità tra il primo lavoro e quello stabile, confermata anche dal basso o nullo tempo di attesa indicato

11. Più in dettaglio, i 5 disoccupati risultano essere , in 4 casi neodiplomati usciti nel '90 e uno nell'84, ma che, avendo frequentato l'università, si affaccia solo ora sul mercato del lavoro. Dei neodiplomati li troviamo anche tra i disoccupati con precedenti esperienze lavorative (4), ma (cfr. cap.II) le maggiori difficoltà occupazionali , nei prossimi anni, riguarderanno proprio gli adulti "espulsi" dal lavoro.

12. Si dirà che tra i compiti della scuola non rientra quello di essere una agenzia di collocamento, ma, a sentire alcune voci sul suo assetto futuro (cfr.cap.I), sembrerebbe possibile (anche se non auspicabile, a meno di profondi cambiamenti).

13. abbiamo verificato i 3 casi: si tratta di un corso per infermiere professionale.

14. E' abbastanza logico, visto che la qualità dei lavori accessibili attraverso il collocamento li rende scarsamente appetibili per un diplomato. Indecifrabile risulta, invece la dizione "altro" (senza alcuna specificazione), indicata da 11 persone.

15. Bresciani P.G.-Fraccaroli F., Ghiotto G., Il lavoro tra realtà e desideri, Angeli, MI, 1991 p.83

16. condotta oltre che a Bondeno, presso il locale liceo scientifico, a Cesena, Bologna e Milano ed in diversi tipi di scuole ricavata da Giatti P., Studenti, scuola e professionalità: il caso del liceo scientifico di Bondeno; Tesi di laurea, Bologna A.A.1977/78 p.255

17. il campione bondenese era inserito in una ricerca più ampia i cui risultati si trovano in Giovannini G.,"Lavoro e istruzione: i bisogni dei giovani in una realtà difficile". in Studi di sociologia anno XVI (1978) fasc.I pp.21-49

18. Ultimamente le cronache quotidiane ci offrono di frequente l'occasione per "smascheramenti" di questo genere.

19. Classe III liceo scientifico (parentesi nostre)

20. Bergamini Monica, I^K liceo scientifico

21. Cova Claudia, 1^K liceo scientifico

22. Bergonzini Chiara, 1^ H?, liceo scientifico

23. Caselli Alessandro 1^ K, liceo scientifico

24. La morale sembra essere quella che, in ogni caso, per quanto cattiva possa essere l'esperienza scolastica, essa non compromette irrimediabilmente il futuro destino occupazionale (del che non si sa se dolersi o rallegrarsi)

25. Abbiamo voluto, per curiosità, isolare i casi (8) di chi è molto soddisfatto sia economicamente, sia professionalmente: chi pensasse , come suggeriscono certe pubblicità, a manager in giro per il mondo , rimarrebbe deluso: sono lavori molto comuni (operaio, impiegato, infermiere ecc.)

26. A conferma di ciò, tra questi c'è anche uno degli 8 molto soddisfatti professionalmente ed economicamente.

27. Distretti scolastici di Cento e Ferrara, Mercato del lavoro e scuola nel ferrarese, CDS Ferrara, 1985 p.65