Teoria della classe agiata Inserito da arabafenice Mercoledì, 23 agosto 2006 alle 16:36:23 CEST
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Thorstein
Veblen nasce nel 1857 nel Wisconsin, si laurea in filosofia nel 1884,
pubblica il libro del titolo nel 1899 a sue spese quando è semplice
instructor dell'università di Chicago (finanziata da Rockfeller).
Il libro diventa popolare solo nel 1918 quando viene lanciato dalla
sofisticata rivista "Vanity Fair" (che si pubblica tuttora anche in
lingua italiana); giunge alla nona ristampa nel 1925.
Veblen muore con una piccola rendita nel 1929, poco prima della grande depressione.
«
Il complesso della classe agiata è alimentato da un continuo processo
selettivo, per cui gli individui e le stirpi eminentemente idonei a una
competizione finanziaria ingressiva vengono separati dalle classi
inferiori. Per raggiungere i ranghi superiori l'aspirante deve avere
non solo un buon corredo medio di tutte le attitudini finanziarie, ma
deve inoltre possedere queste doti in grado così eminente da superare
le gravissime difficoltà che gli sbarrano la strada. Salvo casi
accidentali, i nouveaux arrivés sono un corpo scelto.
Questo processo di ammissione selettiva non s'è naturalmente mai
interrotto, da quando cominciò il sistema dell'emulazione finanziaria,
che è quasi quanto dire, da quando vige l'istituzione di una classe
agiata. Ma il criterio preciso di selezione non è sempre stato il
medesimo, e perciò il processo selettivo non ha dato sempre i medesimi
risultati. Nel primitivo stadio barbarico o di rapina propriamente
detto, la prova d'idoneità era il coraggio, nel senso vergine della
parola. Per ottenere l'accesso alla classe, il candidato doveva essere
dotato di senso della solidarietà, di ferocia, solidità, mancanza di
scrupoli e tenacia di propositi. Queste le qualità che contavano per
accumulare e continuare a detenere la ricchezza. La base economica
della classe agiata, allora come in seguito, era il possesso della
ricchezza; ma i metodi per accumularla e le doti richieste per
conservarla sono in parte cambiati dai primi giorni della civiltà di
rapina. Come conseguenza del processo selettivo le caratteristiche
dominanti della primitiva classe agiata barbarica erano l'aggressione
temeraria, un vivo senso di casta, e un libero ricorso alla frode. I
membri della classe mantenevano il loro posto col coraggio personale.
Nella civiltà barbarica posteriore la società raggiunse metodi stabili
di acquisizione e di possesso sotto il regime di casta quasi pacifico.
La semplice aggressione e l'aperta violenza cedettero il posto in gran
parte a cavilli e intrighi d'astuzia, quali ottimi sistemi d'accumulare
ricchezze. Una diversa gamma di attitudini e di tendenze dovette allora
tramandarsi nella classe agiata. La capacita d'aggredire e la forza
correlativa, insieme con un senso di casta spietatamente vivo,
figuravano sempretra le caratteristiche più splendide della classe.
Queste sono rimaste nelle nostre tradizioni come le tipiche « virtù
aristocratiche ». Ma a esse s'univa un crescente bagaglio di meno
indiscrete virtù finanziarie; quali la previdenza, la prudenza e
l'intrigo. Col passare del tempo e l'avvicinarsi dello stadio pacifico
moderno della civiltà finanziaria, quest'ultima categoria di attitudini
e di abitudini guadagnò in relativa efficacia ai fini finanziari, e ha
avuto un peso relativamente maggiore nel processo selettivo per cui si
ottiene l'ammissione e si mantiene il-posto nella classe agiata.
Il criterio di selezione è cambiato al punto che le attitudini che
adesso rendono idonei all'ammissione nella classe sono le sole
attitudini finanziarie. Ciò che resta delle caratteristiche barbariche
di rapina è la tenacia di proposito o fermezza di scopi che distingueva
il barbaro predone vittorioso dal pacifico selvaggio ch'egli soppiantò.
Ma non si può dire che questo tratto distingua in modo caratteristica
l'uomo di classe superiore che ha avuto successo finanziario, dalle
masse delle classi industriali. L'educazione e la selezione a cui
queste ultime sono esposte nella vita industriale moderna danno a
questa caratteristica un peso del pari decisivo. La tenacia di
propositi si può dire piuttosto che distingua entrambe queste classi da
due altre: il buono a nulla e il delinquente di classe inferiore. In
fatto di doti naturali il finanziere si paragona al delinquente, al
modo stesso con cui l'industriale si paragona al dipenderne inetto e
bonario. Il finanziere ideale è simile al delinquente ideale in quanto
volge senza scrupoli persone e cose ai suoi fini, e trascura
spregiudicatamente i sentimenti e i desideri degli altri nonché gli
effetti più remoti delle sue azioni; ma se ne differenzia in quanto
possiede un senso più vivo del suo rango e lavora con più consistenza e
lungimiranza a un fine più lontano. L'affinità dei due tipi di
temperamento si svela ulteriormente in una tendenza al « gioco » e alla
scommessa e nel gusto di un'emulazione senza scopo. Il finanziere
ideale rivela pure una curiosa affinità col delinquente in una delle
variazioni concomitanti della natura umana predatoria. Il delinquente
ha di regola abitudini mentali superstiziose; egli crede ciecamente
nella fortuna, negli incantesimi, nella divinazione e nel destino, nei
presagi e nei riti sciamanistici. Dove le circostanze siano favorevoli,
questa tendenza può esprimersi in un certo fervóre di devozione servile
e in una puntigliosa osservanza di pratiche devote; può forse meglio
definirsi come ritualismo che come religione. A questo punto il
temperamento del delinquente è più affine alle classi agiate e
finanziarie che all'industriale o alla classe dei dipendenti inetti».
Thorstein Veblen, Teoria della classe agiata, pp. 212-215
Nota: Veblen Thorstein , La teoria della classe agiata, 19,63 euro
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