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Ai posteri l'ardua sentenza

Inserito da paolog Giovedì, 16 marzo 2006 alle 10:27:23 CET

LetteraturaFacendo una piccola analisi retrospettiva, mi chiedevo se, nella seconda metà del '900, ci fossero stati romanzieri o poeti italiani degni di passare alla posterità. Non riuscendo a farmene venire in mente alcuno, ho girato la domanda ad Andrea Malaguti, assistant professor al dipartimento di Italiano presso la Columbia University di New York. Di seguito la sua risposta:

In verità, non ho ancora capito quando mai la buona scrittura, chiara e precisa, sia mai stata di casa in Italia. Ti cito un brano da una rivista del 1939:
Un' attenzione che supera, nei più chiari momenti, il limite del troppo insistito diletto musicale, per penetrare e vibrare in un mondo sensibile nuovo, dove la consueta logica delle cose comuni pare che si sfaldi in una indeterminatezza continua di postulati, quasi che a ogni passo il terreno che siamo soliti battere minacci di franare sotto il nostro cauto piede. Generica impressione ancora, che rimarrebbe pur magra cosa se si esaurisse in sé, ma che poco a poco, procedendo il lettore fra continue emozioni e reali cadute, la cui colpa è spesso del medesimo poeta, pur giunge a raccogliere, da quell'apparente dissolvimento della realtà, un ordine nuovo, traducibile forse nei temini precisi di una continua conoscenza di morte, prolungata oltre lo stesso avvenimento del fatto fisico, inquantochè è essa un presente dello spirito più che del mondo esterno.
Siamo ai limiti della leggibilità; eppure è Giorgio Caproni a ventisette anni. Se penso che la generazione di Biagi e di Bocca all'epoca era al liceo, mi sento male; evidentemente sapevano diffidare degli insegnanti. Però questo mi dà l'idea dell'importanza della Guida al Novecento, dove invece si privilegiava un certo senso della realtà. Ma allora perché non si vedono ancora gli scrittori che hanno fatto il liceo negli anni settanta? (Bah, forse perché non siamo negli anni trenta e quindi c'è molta sfiducia nella letteratura-letteratura; ergo si evita di scriver bene per paura di non avere successo e si scrive male per poter vendere, anche se poi i romanzi fanno schifo e la gente li compra solo per farsi vedere à la page: così succede in Francia...)

È sempre faticoso rapportare il passato col presente, visto che per l'uno la storia ha già fatto la sua ampia tara e per l'altro no. Comunque, per amor di congettura, se la generazione che ha fatto il liceo con la Guida al Novecento di Salvatore Guglielmino alla mano non s'è ancora prodotta in niente di buono, forse è perché l'ansia del successo immediato è tale da non consentire i tempi lunghi e meditativi della letteratura seria. E soprattutto, dagli anni settanta in avanti, non solo non c'è più niente in cui credere, ma nemmeno niente a cui opporsi: la caduta in silenzio dei movimenti studenteschi (o addirittura il passaggio dei loro esponenti ai ranghi di difesa del capitalismo globale) ha tolto anche la voglia di polemizzare. A chi ti opponi, se a scuola t'insegnano solo un sacco di balle da rivendere bene e trovarti un posto grazie a papà?
Il libro deve solo essere accattivante e per essere venduto oggi e buttato nel cestino domani. Ogni insegnante delle varie scuole di scrittura creativa in Italia -- conosco Carlo Lucarelli, della Holden di Torino -- ti dirà che gli studenti scartano volentieri qualsiasi soggetto originale, qualsiasi storia veramente loro per uniformarsi al modello in vigore: giallo, noir o altro. L'importante è imparare il trucco vincente e pigliare i soldi facilmente (come Baricco, come la Tamaro).

Oggi le crisi che stimolavano tanta letteratura in passato non sono più una novità, ma uno stile di vita a cui ci siamo adattati; siamo tutti uomini senza qualità senza bisogno della filosofia di Musil e senza l'intelligenza per capirla. Quando l'unica cosa seria da scrivere, come suggerisci tu, è un saggio scientifico e ben documentato e meditato, alla Luciano Gallino, che ti porta a concludere che il mondo fa schifo e sarà sempre peggio, visto che fa comodo a tanti e che comunque nessuno, anche volendo, potrebbe metterci mano, a che serve scrivere romanzi? A fare il buffone in tv assieme a Maurizio Costanzo?

 
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Precisazioni (Voto: 1)
da andreamalaguti Venerdì, 17 marzo 2006 alle 03:00:34 CET
(Info Utente | Invia un Messaggio)
È opportuna qualche precisazione. Il mio discorso, scettico e sconsolato, risponde per la verità a una domanda più precisa: quali scrittori nati dopo la guerra potrebbero passare ai posteri? Rispondendo, ho ristretto ancora i termini, riferendomi alla generazione che ha avuto per le mani la Guida al Novecento di Salvatore Guglielmino alla scuola superiore; mi sembrava (o almeno lo è stato per me) un grande incentivo alla lettura letteraria dei contemporanei e quindi a uno stile di scrittura essenziale e realistico, rispetto alla prassi ampollosa di tanto giornalismo precedente (di cui è stato vittima anche un grande poeta). 'Il Guglielmino' esce in prima edizione nel 1971, quindi i primissimi ad averlo avuto in mano possono essere nati solo dal 1953 in avanti. Ho dovuto quindi scartare tanti scrittori attivi che amo e stimo: Aldo Busi (1950: esordio nel 1984 con Seminario sulla gioventù), Erri De Luca (1951: esordio nel 1989 con Non ora non qui), Gianni Celati (1937: esordio nel 1971 con Comiche e ritorno nel 1983 con Narratori delle pianure), Sebastiano Vassalli (1941; esordio con Narcisso nel 1968 e fama nazionale con La chimera nel 1990), nonché due classici del dopoguerra come Elsa Morante (1912) e Gesualdo Bufalino (1920). Questi, penso io, resteranno; ma gli altri? Ammetto di conoscere poco (ho letto qualche loro racconto o libercolo) Marta Morazzoni, Andrea De Carlo (1954), Sandra Petrignani (1954), Paola Capriolo (1962), Rossana Campo (1964), Niccolò Ammaniti (1964) o Enrico Brizzi (1974), ma non riescono a soddisfarmi quanto gli altri autori che ho citato. Lascio quindi la parola a Gino Tellini, dell'Università di Firenze, e alla sua sintesi dell'idea di ‘postmoderno': 'La premessa è nello sviluppo incontrollato dell'accumulazione finanziaria, della produzione industriale, della cultura di masa, mentre vale da antefatto teorico al crisi della razionalità progettuale, divenuta incapace non solo d'orientare nel caos della modernità, ma anche di prefigurare, programmare e dare un senso al domani. La realtà del presente si mostra preda (in ogni aspetto) della comunicazione pubblicitaria, televisiva, informatica: un processo conoscitivo 'vuoto', che non potenzia il sapere come scoperta conoscitiva, bensì ripete, manipola, ricicla, elabora dati già cogniti. (...) Jean Baudrillard (...) ha parlato del grado Xerox della scrittura.' (Il romanzo italiano dell'Ottocento e del Novecento, Milano, Bruno Mondadori, 1999, p. 484). C'è poco di cui consolarsi. A ogni novità Mondadori c'è il rischio di comprare il solito pacco di fotocopie...




Re: Ai posteri l'ardua sentenza (Voto: 1)
da paolog Venerdì, 17 marzo 2006 alle 12:53:32 CET
(Info Utente | Invia un Messaggio) http://virtuale.bondeno.com/paolog
Da ex-insegnante aggiungo un'ulteriore precisazione: non sono solo gli studenti ad averlo avuto per le mani, ma ovviamente anche i docenti che lo hanno adottato. Agli stimoli che questo libro di testo può dare ci sono un paio di limiti: il suo uso era limitato al biennio della scuola superiore e l'incalzare dell'industria editoriale fa passare presto di moda anche libri che potrebbero essere long-sellers.
Per dirla in soldoni: per mostrarti aggiornato devi scartare anche libri buoni ma datati, in favore di più scadenti ma recenti.
Tendenza talmente consolidata oggi che un libro esaurito difficilmente viene ristampato (e va ricordato che farne fotocopie è illegale).




Lavoro precario e qualità del lavoro (Voto: 1)
da paolog Mercoledì, 19 aprile 2006 alle 12:31:17 CEST
(Info Utente | Invia un Messaggio) http://virtuale.bondeno.com/paolog
Un esempio dell'industria editoriale fatta di copia e incolla (cosa ammessa dallo stesso autore) è il libro-documento segnalato sotto. Altra cosa che stupisce il gran numero di libri suoi pubblicati in pochi anni. Anche se non volete leggere il libro date un'occhiata ugualmente al link per i commenti che mi sembrano interessanti e illuminante è anche l'intervista (e la foto) dell'autore. Aldo Nove, Einaudi ¤12,50; [www.internetbookshop.it]



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