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Saggi: La fattoria degli animali
Postato il Giovedì, 28 ottobre @ 16:43:24 CEST
Argomento: Cultura
CulturaGeorge Orwell scrisse " Animal farm" nel 1947, assieme a "Il mondo nuovo" di Huxley e "1984" dello stesso Orwell, è probabilmente tra le più note e riuscite antiutopie del '900. Ogni volta che la si rilegge si trovano spunti di attualità (purtroppo); per questo ve ne riproponiamo un breve esempio.

Gli anni passarono. Le stagioni si susseguivano, fuggiva la breve vita degli animali. Venne il tempo in cui più nessuno ricordava gli antichi giorni prima della Rivo­luzione, eccetto Berta, Benjamin, Mosè il corvo e alcu­ni maiali. Muriel era morta, Lillà, Jessie e Morsetto erano mor­ti. Anche Jones era morto, morto in una casa di alcoolizzati in altra parte della contea. Berta era ora una vecchia e grossa cavalla dalle giunture indurite e con tendenza a un'infiammazione agli occhi. Da due anni aveva passato i limiti d'età, ma in realtà nessun animale era stato messo a riposo. La questione di riservare un angolo del gran pascolo agli inabili al lavoro da lungo tempo era stata lasciata cadere. Napoleon era ora un vecchio verro di un quintale e mezzo. Clarinetto era tanto grasso che a stento i suoi occhi trovavano uno spi­raglio per vedere. Solo il vecchio Benjamin era sempre lo stesso, un poco più grigio forse attorno al muso, e, dalla morte di Gondrano, sempre più triste e taciturno. Nuovi esseri popolavano ora la fattoria, benché l'au­mento non fosse quale i primi tempi lasciavano preve­dere. Erano nati molti animali per i quali la Rivoluzio­ne non era che una vaga tradizione passata di bocca in bocca, e altri animali erano stati comprati che prima del loro arrivo non avevano mai sentito parlare della cosa. La fattoria possedeva ora tre cavalli oltre Berta. Erano begli animali prestanti, volenterosi al lavoro e buoni compagni, ma molto stupidi. Nessuno di essi riu­scì a leggere l'alfabeto oltre la b. Accettavano tutto quanto si diceva loro sulla Rivoluzione e i principi dell'Animalismo, specialmente da Berta per la quale nu­trivano un rispetto filiale; ma era dubbio se capivano qualcosa di quello che essa diceva. La fattoria era ora più prospera e meglio organizzata. Era stata anche am­pliata con due campi comperati dal signor Pilkington. Il mulino era stato finalmente terminato con successo, la fattoria possedeva in proprio trebbiatrice e montaca­richi, e altri fabbricati erano stati aggiunti. Whymper si era comperato una carrozzella. Il mulino non era però stato usato per produrre elettricità, ma per macinare il grano, e rendeva belle somme di danaro. Gli animali lavoravano accanitamente alla fabbrica di un altro mu­lino ove, una volta finito, si diceva, si sarebbe impian­tata la dinamo. Ma dei lussi che Palla di Neve aveva fatto sognare agli animali, delle stalle con la luce elettrica e l'acqua calda e fredda e dei tre giorni lavorativi per settimana, di tutto questo non si parlava più. Napoleon ne aveva condannata l'idea come contraria ai principi dell'Animalismo. La vera felicità, diceva, sta nel lavorare molto e nel vivere frugalmente. Sembrava insomma che la fattoria fosse diventata in realtà più ricca, senza per questo far più ricchi gli ani­mali, salvo naturalmente i maiali e i cani. Forse questo era dovuto in parte al fatto che maiali e cani erano tanto numerosi. Non che questi esseri non lavorassero a modo loro. Clarinetto non si stancava mai di spiegare che enorme era il lavoro di sorveglianza e di organiz­zazione della fattoria. Molto di questo lavoro era tale che gli altri animali, per la loro ignoranza, non lo potevan capire. Per esempio, Clarinetto diceva loro che i maiali dovevano ogni giorno faticare attorno a cose mi­steriose chiamate "schedari", "relazioni", "registri". Era­no, questi, grandi fogli di carta che dovevano venire completamente coperti di scrittura e quando erano così compilati venivano poi buttati nella fornace. Ciò era della massima importanza per il buon andamento della fattoria, diceva Clarinetto. Tuttavia né i porci né i cani producevano cibo col loro lavoro; ed erano molti e il loro appetito era sempre ottimo. Quanto agli altri, la loro vita, per quel che sapevano, era quale era sempre stata: avevano fame, dormivano sulla paglia, bevevano allo stagno, lavoravano nei cam­pi; in inverno soffrivano per il freddo, in estate per le mosche. Talvolta i più vecchi si lambiccavano il cervel­lo per ricordare se nei primi tempi della Rivoluzione, quando ancora recente era l'espulsione di Jones, le cose erano andate meglio o peggio. Ma non riuscivano a ri­cordare. Non avevano nulla con cui confrontare la loro vita presente; non avevano nulla da consultare, se non le colonne di cifre con cui Clarinetto invariabilmente dimostrava che le cose andavano sempre meglio. Gli animali trovavano il problema insolubile; a ogni modo avevano poco tempo per perdersi in simili pensieri. Solo il vecchio Benjamin diceva di ricordare ogni particolare della sua lunga vita e di sapere che le cose non erano mai state, né mai sarebbero state, né molto meglio né molto peggio: la fame, la fatica, la delusione essendo, così egli diceva, la inalterabile legge della vita.

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