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Voglia di '68? Inserito da arabafenice Sabato, 27 maggio 2006 alle 10:45:46 CEST
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Lo
speciale di Focus Storia di giugno-luglio è dedicato al '68; eppure la
ricorrenza decennale è nel 2008. Contemporaneamente una delle prime
cose che il nuovo Parlamento ha fatto è stato ascoltare dal direttore
del Censis il rapporto annuale sullo stato sociale del paese.
Rimandandovi al sito www.censis.it per approfondimenti, riportiamo qui il comunicato stampa relativo al 2005:
"Quest’anno vanno evidenziati innanzitutto segnali di ripartenza economica:
- nell’affiorare di schegge di vitalità economica; l’insieme dei
settori per i quali si è registrata una crescita del valore aggiunto,
della produzione e dell’occupazione realizzano il 49% dell’intero
valore aggiunto di tutti i settori produttivi (esclusa la Pubblica
Amministrazione, la Difesa e la Sanità) e assorbono il 52,3%
dell’occupazione totale; invece i settori che registrano un calo o del
valore aggiunto, o della produzione o dell’occupazione realizzano il
25% del valore aggiunto nazionale e impiegano il 13,2% del totale degli
occupati. Solo una parte minoritaria dei settori produttivi, dunque, è
in una fase di crisi di competitività e di bassa crescita;
- nella spinta del terziario; i servizi crescono dimensionalmente, e a
fronte di un incremento medio dello 0,7% le imprese con oltre 50
addetti sono aumentate del 10,3%, con dinamiche di sviluppo
significative nell’ambito delle attività immobiliari (+63%), della
ricerca e sviluppo (+38,2%), del commercio (+22,2%); a fronte di una
contrazione degli investimenti delle imprese italiane (-3,2%), nel
terziario si è registrata una crescita del 4,5%, che sale al 18,1%
nelle aziende da 10 a 49 addetti e al 35,9% nel terziario all’impresa;
- nei consumi che volano verso l’immateriale; crescono a un tasso medio
dall’1,3%, ma i servizi di comunicazione aumentano fino al 19,1% e i
servizi legati ai consumi culturali e ricreativi presentano un
incremento di molto superiore alla media della spesa interna e pari al
7,6%; rispetto a un aumento della spesa delle famiglie, a prezzi
costanti del 1995, di 360 miliardi di euro dal ‘70 ad oggi, la metà di
questo volume è oggi direttamente imputabile a consumi collegati con
l’offerta di servizi (trasporto e comunicazione);
- nella fioritura di eccellenze nella ricerca; tra le 500 imprese
europee che più investono in ricerca e sviluppo 149 sono del Regno
Unito, 100 della Germania, 66 della Francia e 44 della Svezia.
L’Italia, all’ottavo posto, è rappresentata da 17 aziende. Se il nostro
paese è dodicesimo in Europa in quanto a spesa pro capite per la
ricerca sale al settimo posto al mondo per numero di pubblicazioni
scientifiche e per numero di citazioni da parte dei colleghi scienziati
di tutto il mondo, dimostrando un’ottima capacità di produzione
individuale;
- nella scommessa della professionalità; i laureati nell’ultimo anno
sono stati 268.821, +30,9% rispetto all’anno precedente. Il numero di
corsi universitari fra gli ultimi due anni accademici è cresciuto del
13,2%. I master, sia quelli universitari sia quelli privati, sono ormai
una realtà formativa molto estesa: quelli universitari sono cresciuti
del 10,4%, quelli privati del 21,7%. Solo con le iscrizioni dei
partecipanti, i master universitari raccolgono un finanziamento stimato
di 101 milioni di euro, quelli privati 87 milioni di euro, con un costo
medio per lo studente rispettivamente di 2.651 e di 7.500 euro.
Linee di discontinuità sociale rivelano:
- l’emergere del corto orizzonte dei nuovi ricchi; mentre la
maggioranza degli italiani ha continuato a stringere la cinghia, loro
hanno continuato a spendere. Nei primi 8 mesi del 2005, le
immatricolazioni di auto di lusso sono cresciute del 12,6%, arricchendo
il parco macchine dei Paperoni d’Italia di circa 6.000 nuove vetture
dagli 80 mila euro in su; un affronto ai magri risultati del comparto,
che ha segnato un calo delle vendite del 3,1%; secondo le stime del
World Wealth Report, gli italiani che hanno una ricchezza individuale
superiore al milione di dollari (escluso il valore dell’abitazione di
proprietà) sarebbero aumentati del 3,7%, passando da 188 a 195 mila; le
famiglie italiane titolari di patrimoni in gestione superiori ai 500
mila euro sono cresciute dell’8%, arrivando a quota 702 mila (circa il
3,3,% delle famiglie italiane) e il patrimonio in gestione è cresciuto
del 10%, con un valore medio di 783 miliardi di euro; i redditi
individuali da lavoro dipendente sono cresciuti dell’1,6%, mentre
quelli da lavoro autonomo sono aumentati del 10,1%. Quanto al livello
d’istruzione dei nuovi ricchi, solo il 20,3% è laureato, il 42,7% ha un
diploma di scuola media superiore o professionale e il 36,9% arriva al
massimo alla scuola media;
- il disagio, dall’altra parte, dei senza-patrimonio; il 10% delle
famiglie più ricche possiede quasi la metà (45,1%) dell’intero
ammontare della ricchezza netta; negli ultimi dieci anni la quota di
ricchezza posseduta dal 5% delle famiglie agiate è passata dal 27% al
32% e dal 9% al 13%; l’82% delle famiglie italiane dispone di
un’abitazione di proprietà, di questi il 13% dispone di almeno una
seconda abitazione e il 4,5% di altre tipologie di fabbricati; ma c’è
un 13,5% di italiani che è rimasto fuori dal giro dei proprietari di
casa e vive in abitazioni in affitto; il 45,3% degli affittuari
dichiara di percepire un reddito basso o medio basso, per il 34%
l’affitto ha un’incidenza che supera il 30% del reddito complessivo e
per il 13,4% è maggiore al 40% (è considerato sostenibile un canone che
si aggira attorno al 20% degli introiti mensili).
- l’impotenza delle risposte individuali; la capacità programmatoria
individuale è minata dall’incertezza, visto che il 57% degli italiani
afferma di non riuscire ad influenzare quello che gli succede intorno,
contro un dato europeo del 47%; inoltre, la maggioranza degli italiani
(65%) esprime una valutazione negativa del sistema di welfare, quasi
600 mila famiglie a reddito medio e medio-alto in un biennio hanno
vissuto un ridimensionamento economico;
- l’indebolimento soggettivo è tuttavia compensato dalla lunga marcia
delle reti sociali; in Italia ci sono ormai circa 200 Ong (erano 170
nel 1999), 2.165 sono i progetti avviati in Italia e 544 all’estero
dalle Ong appartenenti all’Associazione delle Ong italiane, 3.445 (di
cui 1.315 volontari) gli operatori impegnati, sono 21.021 le
organizzazioni di volontariato, con un incremento del 14,9% rispetto al
2001. Sono 88 le Fondazioni Bancarie per un totale di proventi, al 31
dicembre 2003, pari a 2.127 milioni di euro, un importo complessivo
erogato di 1.143 milioni di euro (con una variazione percentuale
rispetto al 2002 del +9,5%) ed un numero di iniziative finanziate pari
a 22.804 (+11,6%); e sono circa 7.100 in Italia le cooperative sociali
(erano 5.515 nel 2001), 267.000 i soci, 223.000 le persone remunerate
(173.348 nel 2001) e 31.000 i volontari.
Fattori politici di imperfetta evoluzione e di immaturo rapporto col
potere: nella proliferazione caotica delle sedi decisionali, nella
conflittualità insita nei processi decisionali e nell’indebolimento
delle funzioni dirigenziali".
Ci sarebbe da chiosare ogni riga (traducendo dal linguaggio tecnico
adoperato nel rapporto) e spererei che fossero i lettori a farlo nei
commenti, ma alcuni temi mi sembrano abbastanza eclatanti: il 10% delle
famiglie possiede la metà della ricchezza e, di questi, solo uno su
cinque è laureato. A che serve allora vantare un 30% di laureati in più
rispetto al 2004? Tanto più che su 500 aziende europeee che investono
in ricerca, solo 17 sono italiane!
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