Questo articolo è stato pubblicato su "Bondeno.com" in data 8 febbraio 2006; lo trovate anche in versione PDF stampabile

A proposito di “bilanci”

di Pier Giorgio Massaretti

 

Lentamente, impercettibilmente ma inesorabilmente, tutto qui nel nostro amato-odiato piccolo ed inospitale “paesello” dell’Alto Ferrarese, si sta dismettemdo, sta scomparendo; e noi, qui a Bondeno, quasi non ce ne accorgiamo.

Per un intransigente efficientismo di bilancio («Togliere le inefficienze&ldots; tagliare “i rami secchi”&ldots;»); ma anche per ineluttabili ed irresponsabili dinamiche macro e micro economiche (le attività che non producono ricchezza e/o consenso si debilitano progressivamente e, senza rimpianti, scompaiono), stiamo progressivamente perdendo quegli speciali segni, materiali ed immateriali, che identificano la città e la comunità che la abita.

La prevista dismissione dello zuccherificio; la riduzione dei servizi ospedalieri; la privatizzazione, sia dei servizi alla persona sia alla localizzazione scolastica, per quanto riguarda dotazioni-bisogni materiali; ma anche l’irrimandabile chiusura dell’Argentina; il deficit di politiche di sostegno all’associazionismo socio-culturale; la “banale convenienza” di sostituire ad una complessa ma possibile offerta teatrale (Finale Emilia; Copparo - per limitarsi a quei casi funzionanti e soddisfacenti che il comitato “Vivere Bondeno” ha messo in evidenza), un’attività commerciale di basso profilo, senza un indotto sensibile per la città, se non quello di un ingestibile e sovradimensionato carico urbanistico del centro cittadino; queste, quindi, le tragiche ma invisibili perdite immateriali che ci stanno investendo.

Fatali ed ineluttabili prevaricazioni di quel «nomadismo post-moderno» (J. Baudrillard) che hanno investito anche la nostra piccola e marginale comunità; ma da cui sarebbe irresponsabile e miope farsi sorprendere; ovvero, che sarebbe insufficiente aggredire e neutralizzare con superficiali interventi “di cassa” e con esangui azioni “di bilancio” - anche se “illuminate” ed efficientiste.

Questa giunta di centro-destra, attualmente impegnata nell’amministrazione di tale complicato scenario socio-economico, pur con un margine lievissimo, ha intercettato un’altra volta il consenso dei cittadini bondenesi:

- evitando, però, impegnativi e condivisi progetti politici, per enfatizzare invece un liberalismo “di maniera”, banalmente aggressivo ed antagonista e privo di una lungimirante creatività “di governo”;

- giocando la sua locale affidabilità politica su quelle ambigue-oblique parole d’ordine, tipiche del quadro nazionale: populismo sfrenato, pseudo-efficientismo aziendalista, gigantismo politico-programmatico, un anticomunismo fondamentalista; epiteti inquisitori e grida terroristiche con cui l’attuale primo ministro, in modo così rumoroso e sfacciato, sta investendo le piazze - reali e mediatiche - di questo nostro debilitato paese: per drammatizzare ed esorcizzare la Politica, riempiendo le stesse metaforiche piazze di impeccabili ed eleganti yesmen.

«Il “grande” è spettacolare e bello&ldots;» (così il Sindaco rispondeva al comitato “Vivere Bondeno”, che gli eccepiva rispetto i suoi mastodontici impegni di spesa) «&ldots; un coraggio (quello delle spese insensate?) che la Sinistra a Bondeno non ha mai avuto».

«Il privato, la privatizzazione&ldots; è questa la soluzione ai deficit della debole economia del welfare»: ecco la luminosa immagine dell’eroico e solitario imprenditore (meglio se aggressivo, meglio se anticomunista) che da solo, valorosamente, riscatta le inefficienze di un mercato - quello nazionale -, sempre più marginale e sempre meno competitivo.

«Teniamo tutto sotto controllo&ldots;»: una paternalistica e retorica rassicurazione, destinata ad una cittadinanza sempre più spaventata per l’ineluttabile crescita dalla complessità di questo mondo globale; per scatenare un’immatura dipendenza edipica “dal capo”, in assenza di quell’unico anticorpo, utile e risolutivo, rappresentato dalla «possibilità di partecipazione&ldots; l’opportunità di parlare» (H. Arendt).

Presuntuoso e pretestuoso, da parte di chiunque, accreditarsi delle soluzioni, univoche e risolutorie.

	l numero di dicembre 2005 dell’agile rivista trimestrale, «Il Municipio di Bondeno», in occasione della presentazione-discussione del bilancio 2006, con coraggio (concediamoglielo!), informa sulla sequenza delle emergenze che investono catastroficamente il territorio comunale.

Il titolo sullo zuccherificio che chiuderà condivide la terza pagina con l’assillante problematica della disoccupazione femminile. L’articolo di fondo di pagina sei s’interroga: «Quale futuro per l’Argentina?». La rubrica “Opinioni a confronto” (pp. 8-9) riporta, pariteticamente (concediamoglielo ancora!), gli interventi dei diversi gruppi consiliari; però, a proposito di “Sanità”, lo scintillante e plebiscitario populismo dell’Unione di Centro («Forza Sindaco, forza a tutti i politici di destra e di sinistra e di centro, lottiamo tutti insieme, facciamo valere i nostri diritti.»), batte addirittura i più sconcertanti paradossi linguistici e la grammatica “agreste” del «Grande Fratello»; con una più sottile capacità interpretativa, l’intervento di Alleanza Nazionale («Il futuro e nel piano regolatore») affida alla creatività della «buona pianificazione» il compito «di “stravolgere” la cittadina».

A parte questi troppo sarcastici sbuffi filologico-interpretativi, è comunque assai positivo - è politicamente essenziale, cioè - che il cittadino di Bondeno sia periodicamente informato:

1) di come vengono impiegate quelle risorse pubbliche che, indirettamente - attraverso l’IRPEF -, o più direttamente - attraverso l’ICI ed i vari tributi locali -, ogni singolo cittadino investe, per una ponderata e conveniente gestione del suo comune;

2) di come viene utilizzata e valorizzata quella delega che, alle elezioni amministrative, una parte maggioritaria della cittadinanza bondenese, ha investito nel Sindaco e nei Partiti a rappresentarla [curiosa la coincidenza, che m’impegno a verificare personalmente, dell’apparizione sulla stessa rivista della recensione al volume: Il male luminoso: comunicazione, società, politica - del giovanissimo concittadino Fabio Bergamini. Un’avvincente riflessione habermasiana sul catastrofismo dei «nuovi idoli post-moderni», che c’invita a riflettere, con prudenza e disincanto, sulle parole-chiave “benessere e sviluppo”, ma anche “libertà e democrazia”, al fine di rimpossessarsene, con un ormai dimenticato protagonismo della cittadinanza].

Una verifica della qualità e della convenienza dell’«investimento civico» che dovrebbe attuarsi quotidianamente, e non limitarsi banalmente alla rituale ricorrenza elettorale, ovvero a seguire annoiati i lunghi ed inefficaci dibattiti consiliari sul bilancio.

Ma proprio in sede di discussione sul bilancio 2006, a proposito dell’ormai mitico progetto di «riqualificazione viabilistica» (?) del Ponte Rana, le valutazioni critiche sopra esposte precipitano nella loro forma più pesante e disastrosa.

Po Moreno, con un’intelligente e lungimirante osservazione politica dichiara: «Questa Amministrazione non riesce a costruire un’idea di sé e a comunicarla; manca di una strategia, di una geografia, di un’anima. Leggendo questo bilancio non si ricava qual è la Bondeno che la Giunta immagina per il futuro» (Ponte Rana, arriva il progetto di riserva, «Il Municipio di Bondeno», 4, 2005, p. 6). Un «progetto troppo costoso, troppo impegnativo, che ricadrà negativamente anche sulle amministrazioni comunali future», così come, non smentito, dichiara Gino Alberghini (ibidem).

Un pesante e negativo indotto che, per lungo tempo, precipiterà sulle tasche dei cittadini bondenesi: impegnati a saldare una spesa macroscopica per la progettazione e la cantierazione dell’opera, ma soprattutto a sostenere un’indifferibile e catastrofica uscita finanziaria del Comune (dei Cittadini) per la gestione ordinaria di questa rischiosa ed impegnativa opera pubblica.

In questa prospettiva si scatenerà un insanabile sbilanciamento tra gli oneri impegnati - a discapito di investimenti in azioni più necessarie - e i possibili effetti raggiungibili - a riscontro di diverse soluzioni tecniche, proposte alternativamente in altre occasioni, che permetterebbero gli stessi alleggerimento-velocizzazione del traffico dell’incrocio implicato con un effettivo risparmio, rispetto il target previsto, di oltre il 60%.

La soluzione dello pseudo-problema del Ponte Rana non sta quindi in una spettacolare e miracolosa opera d’ingegneria, ma sarà possibile invece affrontare con maggiore lungimiranza e creatività il problema di un collegamento carrabile più efficace-efficiente con il quartiere del Sole, con proposte progettuali più ampie e ponderate (l’essenziale ed esauriente soluzione di una circonvallazione extraurbana), e che siano soprattutto condivise (con gli enti amministrativi, provinciale e regionale, ma soprattutto con l’adesione e la partecipazione della cittadinanza).

Ponderatezza, condivisione, sostenibilità degli investimenti pubblici sono qualità di “buon governo” che dovrebbero costantemente connotare gli impegni e le scelte di un’affidabile e democratica giunta comunale.

Il mostruoso Golem del Ponte Rana avrebbe la mefitica capacità di inaridire bruscamente le potenzialità di sviluppo delle economie del territorio bondenese. Un territorio che per crescere “bene”, invece - per accreditarsi, cioè, la capacità di intercettare investimenti alti e di qualità, nazionali ed internazionali -, dovrebbe essere intelligentemente curato, e quindi anche fertilizzato con quelle pur piccole offerte di qualità urbana, come il cinema, il teatro, un’offerta commerciale e di svago “d’eccellenza”.